La Committenza di Cosimo II
Palazzo Pitti, Giulio Parigi e la corte
Claudio Paolini
ABSTRACT
Il contributo ripercorre alcuni aspetti dell’attività di Giulio Parigi in stretto rapporto alle committenze di Cosimo II e della corte. Per quanto incentrato sull’avvio del cantiere per l’ampliamento di Palazzo Pitti e quindi sulla cerimonia di posa della prima pietra, l’intervento vuole in particolare riflettere sul ruolo che Giulio Parigi assumerà a corte durante il regno di Cosimo e sulla sua decisa e apparentemente inarrestabile ascesa sociale. Rispetto al padre Alfonso – oculato imprenditore al quale certo si deve il fondamento della fortuna successiva ma che sembrerebbe restare chiuso nella dimensione propria dell’«architetto di buona pratica» (Milizia) – Giulio ci si mostra, da quanto descrivono le fonti, nelle vesti di un abile e prudente cortigiano, intimo del Granduca e «suo ingegnere» (Tinghi), senza il quale nessuna fabbrica e impresa sembra potersi avviare se non da lui «inventata, maneggiata et perfettionata» (Privilegio del 1623). Una ascesa sociale sostenuta anche dai quei «sinistri uffici» (Baldinucci) volti a relegare in secondo piano altri valenti architetti del tempo, quali Gherardo Silvani, culminata appunto nel privilegio granducale formalizzato nel 1623, a due anni dalla morte di Cosimo II ma da intendere come ufficializzazione di concessioni approvate a suo tempo dal Granduca. Torna così a delinearsi quanto ipotizzato in più occasioni – e in particolare da Mazzino Fossi – sull’eventuale rapporto tra la chiusura alle novità espresse dall’architettura e dall’arte in generale da parte di una città volta a glorificare lo Stato in relazione alla storia medicea, alla ‘toscanità’ e alla ‘fiorentinità’, e «certi gruppi conservatori, quali quello dei Parigi» (Fossi), tesi alla difesa dei propri privilegi. In quest’ottica saranno ricordati nel corso del contributo anche altri luoghi nei quali i destini di Cosimo II e di Giulio Parigi sembrano intrecciarsi: la cappella della Santissima Annunziata nella chiesa dei Padri Serviti, la Loggia del Grano, la casa in via Maggio sede dell’accademia istituita dall’architetto e frequentata da non pochi personaggi della corte.