La scultura nel giardino di Boboli dalle origini al Settecento
Alessandro Cecchi
ABSTRACT
Dal suo acquisto, alla metà del Cinquecento, con il palazzo de’Pitti, da parte della duchessa Eleonora di Toledo, il giardino di Boboli è sempre stato oggetto delle cure dei vari sovrani succedutisi sul trono di Toscana che ne hanno cambiato l’aspetto secondo il gusto del loro tempo, intervenendo sulla vegetazione, sugli edifici e sul ricco patrimonio scultoreo.
Quest’ultimo consiste di quasi trecento sculture, inventariate soltanto in tempi moderni, fra il 2006 e il 2007, a differenza di quelle nei palazzi e, in particolare, negli Uffizi, da sempre considerate parte delle collezioni dinastiche. Sono invece opere, importanti, per l’autore come per il soggetto, in un vasto arco temporale che va dall’antichità all’Ottocento, collocate in prospettive e scorci che si aprono nelle architetture vegetali. Non a caso l’editore Chiari del repertorio illustrato del Vascellini, scriveva nel Settecento:
«E non è forse oggetto di maraviglia, che la maggior parte di esse [le sculture di Boboli] esposte si vedano all’inclemenza dell’aria, quando degne sarebbero di riempire le più nobili Gallerie, e i più magnifici Edifizi?»
Il giardino di Boboli che è giunto fino a noi è anche il frutto di trasformazioni e decurtazioni intervenute nel corso dei secoli, a partire dalla Grotticina di Madama, con la fontana della capra Amaltea e un previsto arredo scultoreo, testimonianza dei gusti della prima proprietaria, per continuare con gli interventi voluti da Cosimo I de’Medici, rimasto vedovo nel 1562 e committente del Ninfeo poi trasformato nella Grotta del Buontalenti, di cui si è fornita una ricostruzione grafica sulla scorta dei documenti da parte di Gabriele Capecchi.
Se nella Grotta, commissionata da Francesco I e ultimata da suo fratello, il cardinale poi granduca Ferdinando, furono reimpiegate sculture di vari autori, da Bandinelli a Vincenzo de’Rossi, da Michelangelo a Giambologna, altre statue come i Nani Morgante e Barbino di Valerio Cioli, popolarono il giardino nella seconda metà del secolo.
Colui che conferì al Giardino il suo aspetto scenografico fu il granduca Cosimo II, minato dalla tubercolosi, con la realizzazione del Viottolone e del Tempietto di Venere, al centro della Vasca dell’Isola, già smantellato dal suo immediato successore Ferdinando II per eccessi di rigorismo religioso, disperso, in parte reimpiegato e sostituito con la Fontana dell’Oceano del Giambologna, in origine al centro dell’Anfiteatro di Pitti.
La diaspora doveva continuare sotto Pietro Leopoldo quando sculture di Boboli furono trasferite dapprima nel Parco di San Rossore e poi a Pisa, nel Museo di San Matteo, dove sono state rintracciate, e nel periodo sabaudo, quando non si esitò a disfarsi di figure di Animali e Cacciatori, nonchè della seconda Fontana dei Mostaccini passati in mani private.
PER SCARICARE L’INVITO CLICCARE QUI