Rileggendo Cosimo II. La fortuna del granduca dopo la morte

Rileggendo Cosimo II

La fortuna del granduca dopo la morte

Enrico Sartoni

ABSTRACT

 

Quando Eric Cochrane fu eletto Accademico delle Arti del Disegno nel 1978, da pochi anni aveva dato alle stampe il suo famoso “Florence in the forgotten century” dopo decenni trascorsi a studiare l’evoluzione del granducato dalla fine del Rinascimento. Una nuova luce si rivolse negli studi storici a quel periodo che dal punto di vista dell’arte aveva già goduto di una rivalutazione da parte di Roberto Longhi e che generalmente non aveva attratto interesse in precedenza se non per mostrarne aspetti negativi (ad esempio i giudizi di George Frederick Young). In queste valutazioni storico-critiche aveva pesato i giudizi Settecenteschi, specie del regio storiografo Riguccio Galluzzi, sulla dinastia e l’idea di un progressivo declino rispetto ad momento glorioso incentrato sui primi appartenenti alla dinastia. Cosimo II, il granduca che per meno tempo, appena 12 anni, regnò sulla Toscana, fu così obliato, sebbene un’aurea di interesse attorno alla sua figura fosse legata indissolubilmente al suo rapporto con Galileo Galilei e le matematiche. Questo rapporto interessò, specie nel secondo Ottocento, alcuni pittori dediti alle scene di storia e fu riprodotto in numerose incisioni. Cosimo II fu tuttavia “letto” come una sorta di comprimario rispetto al ruolo principale riconosciuto allo scienziato che occupava il palcoscenico della Storia. Del resto gli interessi matemtici e scientifici di Cosimo II interessarono anche quella parte di studi dedita alla ricostruzione delle teorie alchemiche nel secondo Novecento e, avvicinandosi ai nostri anni, occorre segnalare la corretta rivalutazione di Cosimo, pur avvenuta attraverso il rapporto con Galileo. Eppure Cosimo II fu molto altro come, a rebour, testimoniano i cicli di affreschi eseguiti, in bilico tra la sincera affezione al giovane granduca e le necessità di corte e lignaggio nel Casino buontalentiano (voluto dal fratello Cardinale Carlo) e nella Villa di Poggio Imperiale (promosso dalla coreggente e vedova Maddalena). Entrambi collocabili nel periodo della morte e appena successivo (tra gli anni venti e trenta del Seicento)ricordano le imprese dell’uomo che con cercò di imprimere un carattere al regno sia politico, che culturale. Fu Cosimo a volere che lo scozzese Thomas Dempster potesse applicarsi nella realizzazione del De Etruria Regali, opera rimasta manoscritta e pubblicata solo un secolo più tardi da Thomas Coke e Filippo Buonarroti con dedica a Cosimo III. La volontà di Cosimo II, non pienamente espressa nell’opera, fu prepotentemente proposta negli studi di Giovanni Cipriani ridonando prospettive storiche oggettivamente ponderate al quarto granduca di Toscana e recuperando all’interesse di varie discipline le committenze come dimostrano gli studi sul giardino di Boboli ai tempi di Cosimo II. E’ quindi con una nuova consapevolezza derivante dal lungo percorso storico-critico che ha investito la costruzione e la “decostruzione” del granduca che oggi possiamo avvicinarsi con strumenti critici più solidi ai documenti e alla lettura di quel periodo che ancora, a distanza di quattrocento anni, ci rivela sorprese più o meno fortuite, come la riscoperta, nel 2021, di un grande affresco di Cosimo II nelle stanze degli Uffizi obliato, come la storia del personaggio raffigurato, e infine riemerso.